domenica 23 novembre 2008

Il temuto abbandono nella strage di Verona.

A qualche giorno di distanza dalla strage del commercialista di Verona, le cronache affermano che il movente della tragica vicenda sia stato il temuto abbandono da parte della sua famiglia. Forse non era necessario aspettare che venissero esclusi i problemi lavorativi o economici per cercare di comprendere se pur in parte le cause di un gesto così apparentemente assurdo. Niente infatti può sconvolgere la mente umana così come “l’esclusione dal branco”. Per carità, dobbiamo parlare della vicenda con estrema cautela e rispetto, ma non è opportuno sorvolare. Tra l’altro la vicenda è tragicamente simile a quella avvenuta con modalità simili solo qualche mese fa, dove anche allora in un minuto un padre di famiglia ha ucciso la moglie ed i figli prima di suicidarsi. Anche allora situazione economica, sociale, culturale, erano di alto livello. Ma come è possibile che una pur probabile separazione dalla propria famiglia possa aver causato una reazione del genere?
Il gesto non ha giustificazioni, è chiaro, ma può e deve essere in qualche modo spiegato. Evidentemente l’attaccamento alla famiglia, l’investimento emotivo, i programmi di vita, erano tali, da rendere inaccettabile l’epilogo che la vicenda sembrava assumere. La moglie si era già attivata per trasferirsi altrove, e sicuramente la comunicazione tra loro si era bloccata in un punto di difficile ritorno.
Un famoso psicobiologo dice che nonostante tutte le relazioni possano andare fino in fondo, tutte le relazioni nascono fin dall’inizio programmate per un punto di separazione. Questo assunto apparentemente contraddittorio, è a mio parere una profonda verità, e spiega la tragicità di alcune perverse evoluzioni dei rapporti affettivi. L'ambivalenza nella quale la persona umana si trova infatti in occasione della evoluzioned dei rapporti affettivi, diventa a volte lacerante. Si sa che il bisogno più profondo dell’uomo sia il raggiungimento della “unione profonda col tutto”, unica fonte di intima gratificazione e di vera pace. Questa unione la possiamo sperimentare nelle relazioni umane, che assumono quindi in questi casi valenze spirituali ancor più che psicologiche. Quando la profondità della relazione aumenta, sempre più ci rendiamo conto che non riusciamo (e non vogliamo) tornare indietro. Questo comporta livelli molto elevati di sofferenza quando nella relazione sono comunque presenti problematiche che originano proprio dalla difficoltà a proseguire ad un livello di ulteriore profondità. La motivazioni iniziali, sostenute dal semplice innamoramento e da tutto il godimento che la relazione procura, scompaiono sostituite sempre più da motivazioni che consentono una comprensione più elevata del significato della esistenza terrena, e del significato dei rapporti umani in genere. Solitamente, quando non avviene la separazione, sono possibili due scenari, ovvero il blocco ostile in una fase di grande sofferenza, o il progressivo avanzamento in una fase di maggiore maturità individuale nella relazione.
Nonostante di solito le persone siano capaci di un rispetto dell’altro sufficiente, in altri casi si arriva al limite personale del controllo della propria sofferenza. È la fase dove abbiamo la possibilità di una crescita, a patto di trovare nelle nostre memorie ancestrali il “file di programma” per una risoluzione della crisi, o che maturino nuovi “file di programma” per risolvere. Si, può sembrare semplice, ma in fondo il nostro cervello è come un computer. Quando le risorse emotive e intellettive non sono sufficienti, in particolari situazioni, in una frazione di secondo alcune aree del cervello si bloccano, non consentendo più una valutazione corretta, per mancanza di libero acceso a tutte le funzioni di quelle aree.
E qui che dovrebbe nascere tutta la nostra più grande compassione, per colui che a quel punto non può più compiere ciò che lui stesso in una situazione distaccata compierebbe, ovvero qualcosa di utile e sano. Quella stessa persona, se potesse osservare la situazione dall’esterno, saprebbe con facilità dire cosa è adeguato e cosa è assurdo!
Il punto quindi non è trovare un motivo che giustifichi, ma mettersi nella condizione di capire che forzare oltre un certo limite il tentativo di separazione affettiva comporta danni a volte devastanti. Questo non deve bloccare le persone che si trovano nelle situazioni in cui il processo di crescita individuale, all'interno della vita della coppia e della famiglia, necessita di evolvere. Ma il bivio in cui tutti inevitabilmente arriviamo a trovarci è se investire di più sul fatto che tutte le relazioni possono andare avanti fino in fondo, o su tutte le relazioni nascono fin dall’inizio per un punto di separazione.
In entrambi i casi infatti, il lavoro interiore da fare è dispendioso in termini di economia delle risorse e di costi psicologici (oltre che materiali). Il punto quindi è capire quale possa essere la strada giusta, e non illudersi che una di queste due strade ci rende la soluzione facile. A volte poi confondiamo la necessità di separazione psicologica in necessità di separazione coniugale, ma la prima per evolvere di solito non necessita della seconda. Quando una coppia e una famiglia attraversano questo tipo di crisi, sarebbe auspicabile un serio momento di riflessione sul piano psicologico e spirituale. Non possiamo pensare che la nostra autonomia sia reale quando omettiamo di valutare apertamente e con chiarezza tutti i termini del problema.
Caro lettore, spero di aver dato alcuni importanti stimoli di riflessione. Se poi hai attraversato o stai attraversando una fase che può assomigliare a quella descritta, fermati a valutare, e se hai la possibilità confrontati con una persona sufficientemente matura e saggia, da saperti ben consigliare.
Grazie per l’attenzione. Sono graditi commenti, arricchimenti o critiche a questo scritto.
Con affetto, Enrico.

sabato 22 novembre 2008

Onora il padre

Troppo spesso nella organizzazione che attualmente abbiamo nella nostra società viene messa poca attenzione alla funzione del ruolo paterno nei sistemi familiari.
Questa grave carenza si manifesta soprattuto nelle famiglie dove la la coppia genitoriale è in crisi, quando quindi il sostegno che la donna dovrebbe dare al marito, per favorire il corretto processo di educazione dei figli, viene disconfermato o annullato.
Tanti e complessi sono i motivi di questa tragica diffusa realtà, e lungi da noi l'idea di mettere sotto processo le singole persone. Ma è urgente creare una occasione di seria riflessione sull'argomento. Ciò che inizialmente può sembrare di secondaria importanza, ovvero la attenuazione o la esclusione del ruolo della figura paterna, diventa nel tempo una causa di più o meno gravi difficoltà nella crescita della persona.
E' per questo che ritengo utile mettere su uno spazio di riflessione sull'argomento.
Grazie per la collaborazione.

La differenziazione nel cammino di coppia.

La vita di coppia sembra attraversare difficoltà che spesso i partner non riescono a gestire, se non con la decisione di dare un taglio a ciò che un tempo sembrava un sogno ad occhi aperti. Ma cosa sta dietro questi periodi d’inevitabile crisi della coppia? Come riuscire a comprendere che esistono delle fisiologiche fasi evolutive che la coppia attraversa?

Per capire meglio la natura del problema ho pensato di fare riferimento al contributo scientifico che è dato dal lavoro di E. Bader e P. Pearson nel libro “In Quest of the Mytical Mate” (1988), che significa “alla ricerca del compagno mitico”.
Nel loro modello gli autori ipotizzano che le fasi evolutive della coppia ripercorrano le fasi di sviluppo della prima infanzia, in quanto il legame di coppia è un comportamento di attaccamento che ripropone modalità analoghe a quelle sperimentate nel rapporto precoce con la figura di attaccamento principale, che solitamente è la madre (teoria di J. Bowlby).
La coppia quindi attraversa inizialmente la fase della simbiosi, poi quella di differenziazione, di sperimentazione, di riavvicinamento e di mutua interdipendenza. Non sempre l’evoluzione riesce a completarsi, e questo significa l’insorgenza di problematiche più o meno dolorose, o la rottura del rapporto. Questo processo comunque comporta tempi e modalità di evoluzione che sono propri, e che differiscono da caso a caso.

Nella fase iniziale di innamoramento, che può essere anche molto lunga, il partner è visto nel suo aspetto migliore, i suoi pregi esaltati e i suoi difetti minimizzati. Anche quando il momento “magico” tende come è inevitabile ad affievolirsi d’intensità, rimane una visione dell’altro in parte idealizzata, al punto che vale la pena fare delle rinunce su delle cose importanti per sé, delle proprie capacità di pensiero, dei propri bisogni di apertura verso il mondo esterno, di realizzazione personale nei vari campi, in nome di qualcosa, il rapporto, e di qualcuno, il partner, che rappresentano ancora “il nostro completamento”. Vale la pena in questa fase non mettere in discussione cose importanti per sé, nel timore che qualcosa di troppo importante venga perso, nel timore che il mio chiedere possa causare la rottura di un giocattolo di cui non potrei fare a meno.
Nel tempo però, sia spontaneamente che per l’insorgenza di fatti aggiuntivi come per esempio l’arrivo dei figli e i sacrifici connessi, inevitabilmente avviene un drastico ridimensionamento. E’ evidente che nessuna coppia può mantenere all’infinito l’intensità dello stadio iniziale. La felicità del momento magico dell’innamoramento sembra svanire, lasciando il posto ad una più dura realtà, fatta di sofferenza e disillusione.
“Non sono più l’unica e la sola per te, che sembri sempre meno desideroso di essere un tutt’uno con me; e tu sembri sempre più così differente dall’immagine ideale che ho visto all’inizio, quando ho pensato che avevo finalmente raggiunto la felicità senza fine.” Queste potrebbero essere le parole che in sintesi potrebbero scambiarsi i partner di una coppia che si sente in crisi in questa fase del rapporto, quella della “differenziazione”, se riuscissero a mantenere una sufficiente tranquillità.
Più spesso è la rabbia che prende il sopravvento e che da origine ad una sequela di rimproveri ed accuse, che possono diventare conflitti più o meno gravi. Infatti la sofferenza, il dolore, la disillusione, tipici di questa fase portano a sperimentare una forte rabbia, che costituisce la spinta a far camminare ulteriormente il processo innescato verso la sua naturale evoluzione nelle altre fasi. Del resto se la differenziazione non prende inizio, il mantenimento della simbiosi non comporta benessere, ma presuppone un rapporto ostile o invischiato.
In pratica una coppia evolve dallo stato simbiotico a quello della differenziazione quando uno dei partner si sposta al di là dello stato simbiotico, e comincia l’auto-riflessione. Comincia a pensare in maniera indipendente e vi è uno spostamento verso l’introspezione per una ricerca del senso di sé, di un senso più profondo di sé. Il partner non viene più visto come la sorgente dell’auto-consapevolezza.
Come risultato le differenze diventano molto evidenti. L’intensità può essere variabile, ma in ogni caso è la prima volta che il sistema diventa sbilanciato. Lo sbilanciamento è creato dal fatto che una persona inizia il cambiamento nello sviluppo prima che l’altro sia pronto a che tale cambiamento prenda posto.

La Meditazione, favorendo la scoperta della parte più profonda del sé, e contribuendo a far sì che tale processo sia vissuto come un naturale cammino di crescita, è uno strumento d’aiuto e di sostegno nella naturale evoluzione del processo di differenziazione. Più che favorire la crisi, che in realtà scaturisce spontaneamente, la contiene e la conduce in un sentiero naturale, dando una possibilità concreta di evoluzione favorevole del processo di crescita psicologico e spirituale. La meditazione quindi addolcisce e contiene la disillusione, quando è accompagnata dai frutti della fase dell’apatia (ovvero del distacco dalle passioni e dagli attaccamenti) e dell’agape (ovvero dell’amore altruistico ed incondizionato). Consente di viverla come un naturale processo di crescita di distacco dal sé egoistico, per andare verso il proprio sé profondo in Cristo.

La crisi di questa fase prende contorni naturali quando i due partner sono abbastanza maturi rispetto al processo di individuazione e al processo di separazione dall’altro, tanto da poterla accettare, gestire e superare tramite una aperto confronto. In pratica quando i partner della coppia vedono nel manifestare la propria disillusione qualcosa di non troppo pericoloso, e di liberatorio. Il parlarne francamente, permette di riorganizzare il rapporto su basi più larghe e più soddisfacenti.
Le difficoltà diventano più intense quando uno dei due non è pronto, e mette in atto tutti i tentativi per mantenere lo status quo. In questo caso il cambiamento viene visto come un segnale di deterioramento patologico del rapporto, anziché come un naturale processo evolutivo. Si pensa di avere sbagliato persona, o di avere sbagliato ad impostare il rapporto. In quest’ottica, non deve meravigliare che molti decidano di instaurare una relazione con un’altra persona, per rivivere il momento magico dell’innamoramento, convinti che questa volta andrà meglio.

Nella celebre opera di Ingmar Bergman “Scene di vita coniugale”, viene mirabilmente descritta una classica evoluzione del rapporto di coppia dove le difficoltà nel capire e poi gestire il processo di passaggio dalla simbiosi alla differenziazione, ne rendono particolarmente dolorosa l’evoluzione, come appare nel frammento che segue:

Marianne: “….Pensa a quell’estate quando facemmo il giro del Mediterraneo e avevamo con noi le figlie piccole nella tua vecchia macchinetta, e la sera rizzavamo la tenda. Ricordi quelle notti di agosto sulla costa spagnola, quando dormivamo a cielo scoperto, stretti tutti e quattro? E stavamo tanto caldi!”
Johan: “E’ inutile piangere sul latte versato. Le figlie crescono. Si rompono le relazioni. L’amore prende fine, come la tenerezza, l’amicizia, la solidarietà. Non c’è niente di straordinario. E’ così”.
Marianne: “A volte penso che tu ed io siamo stati come due bambini nati con la camicia, favoriti dalla sorte e poi viziati; che abbiamo perduto le nostre risorse e ci siamo ritrovati poveri, amareggiati e stizziti. Dobbiamo aver commesso un errore da qualche parte, e non c’è nessuno che possa dirci dov’è che abbiamo sbagliato”.
Johan: “Ti dirò una cosa piuttosto banale. In materia di sentimenti noi siamo degli analfabeti. E il fatto triste è che ciò riguarda quasi tutte le persone….”

In questo frammento appare evidente come la fine della simbiosi è vista come un segno che è stato fatto qualche errore e come un’evoluzione patologica del rapporto. Nel romanzo, come accade nella vita reale, il protagonista tenta di risolvere il suo senso di insoddisfazione nel rapporto instaurando una relazione extraconiugale, che viene ad un certo punto comunicata improvvisamente alla moglie. La magia del nuovo innamoramento dà a lui un’illusione di avere risolto i problemi, mentre lei cade nel più profondo sconcerto. Ma anche il nuovo rapporto prevede che anche lì la simbiosi non duri in eterno, e Johan e Marianne si ritroveranno a doversi confrontare per capire. Si ritroveranno come persone diverse. Hanno attraversato entrambi la valle di lacrime e l’hanno resa più ricca di sorgenti. Si inseriscono nella realtà in una maniera diversa. Infatti la fine della simbiosi e l’evoluzione nelle fasi successive comporta la riscoperta di se stessi nel mondo, con tutte le possibilità che nascono dall’entrare più profondamente nella realtà. Questo non significa la fine del sentimento in quel rapporto. Anzi, l’accresciuta fiducia in sé e nell’altro, dà la possibilità di godere in modo più libero il nostro essere su questa terra. Il passaggio dalla differenziazione alle fasi successive ha il vantaggio di sperimentare la cosiddetta “costanza dell’oggetto amato”, la fiducia che ci consente di non avere bisogno di tenere l’altro sotto controllo. La gioia di potersi nutrire dalla relazione con l’altro piuttosto che dover nutrire il bisogno di non far fuggire l’altro.

La vita matrimoniale, essere uniti nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, è possibile come una conseguenza della maturazione raggiunta, più che come un dovere nel mantenere la promessa fatta. Non tutte le coppie però raggiungono il momento del fatidico “sì” già evoluti attraverso il processo di crescita descritto, che ha dei tempi suoi, e che non possiamo determinare a nostro piacimento. Va bene quindi completare il cammino durante la vita matrimoniale. La Meditazione eventualmente iniziata nei periodi precedenti, può costituire di fatto uno strumento di aiuto da utilizzare per evitare oscillazioni emotive destabilizzanti, un po’ come l’ancora serve alla barca come punto di stabilità in mezzo al mare agitato.
La scelta della pratica della meditazione cristiana, s’inserisce nella nostra vita come una chiamata, come una grazia, come un dono d’amore, che ci convoca come individui, nel momento del bisogno. Lo fa in modo personale. La scelta del partner non è necessariamente contemporanea, ma la maturazione che sarà scaturita in uno dei due, coinvolgerà comunque l’altro. Può essere a volte necessario aiuto psicologico individuale, o il confronto con altre persone o altre coppie in gruppo. Il cammino di crescita spirituale necessita attenzione e cura, non meno che la crescita biologica e psicologica.

Cercate il luogo ed il tempo che vi si adattano, per favorire il cammino. Datevi l’opportunità di credere che anche se sembra difficile, tale cammino non è impossibile, anche quando avete perso la speranza, e pensate che non sia più possibile porre rimedio.

La vita matrimoniale, il buon andamento della vita di coppia, implica conseguenze positive nell’individuo, nella famiglia, nella società. L’evoluzione positiva del rapporto di coppia dà l’opportunità di crescita sul piano umano, di crescita rispetto all’espressione di sé e dei propri talenti, che nel rapporto simbiotico rischiano di rimanere grandemente inespressi.

Superare la fase della differenziazione, significa accettare la frustrazione della diversità, significa superare che l’altro è diverso dalle nostre aspettative. In questo nuovo modo di andare avanti, si scoprono dentro sé le fonti dell’auto-consapevolezza, della conoscenza di parti sempre più profonde del proprio essere. Si cammina verso la “sperimentazione” di nuovi stili di vita, di scelte alternative magari lasciate a lungo fra i desideri repressi. Accettare che vale la pena continuare a rimanere in relazione di coppia con l’altro nonostante il cambiamento, significa sperimentare col partner un nuovo modo di stare insieme, sulla base di quel legame già instaurato, e di tutti quei valori di base rimasti dopo la tempesta, e che probabilmente sono i valori di base che inizialmente hanno unito la coppia e l’hanno portata sino a quel punto.

Dalla sperimentazione ci si avvia, attraverso la condivisione di valori comuni, in questo nuovo clima di libertà e di rispetto reciproco, alla fase del “riavvicinamento”, ovvero di una nuova e più profonda unione umana, psicologica e spirituale. I partner, in questo clima di pace, di accettazione reciproca su una base più profonda che in quella dell’innamoramento, si rincontrano al di là di tutta la sofferenza attraversata, in un amore altruistico e disinteressato, anticipo del paradiso e dell’incontro con Dio.

Continuando a rapportarsi su queste basi, stabiliscono un rapporto di “mutua interdipendenza”, dove l’unione non viene minacciata neanche dalla lontananza, o dal fatto di scegliere di dedicarsi a tempo pieno alla realizzazione di progetti o ideali di vita, ma dove oramai resta vero dentro sé, che l’altro ci ama per come siamo.